Il modello del Teatro Sociale opera su più livelli, attraverso diverse metodologie e tecniche, ed è definito da Guglielmo Schininà cerchio complesso: «un processo etico che dall’individuo arriva, con la pluralizzazione creativa, al gruppo che, attraverso la comunicazione sociale, può trasmettere i suoi contenuti alla sfera istituzionale, in un allargamento progressivo del cerchio rituale della comunicazione teatrale» [Schininà, 2003].
A livello individuale, il Teatro Sociale si avvale allora di metodi e tecniche della drammaterapia, della danzaterapia, e del lavoro sull’attore. Coniuga gli aspetti più relazionali con quelli più artistici che questi approcci, in ordine, prevedono, e sviluppa il passaggio da un lavoro centrato sul rafforzamento e sull’espressione del singolo soggetto al lavoro dello stesso in relazione agli altri individui. Passa quindi a formare il gruppo, il secondo livello, avvalendosi della danza contact, del modello e delle tecniche del cerchio complesso (esercizi attoriali, teatro con gli oggetti, tecniche di drammaterapia, di arteterapia, di clownerie), della drammaturgia di gruppo, e del Teatro dell’Oppresso, e mentre rafforza le differenze che rendono più forte il gruppo, identifica problemi e risorse al suo interno o nel suo contesto sociale di riferimento. Il gruppo si allarga così alla sfera più ampia, quella comunitaria o istituzionale, e dirige l’azione sociale e drammaturgica, questo è il terzo livello su cui opera il Teatro Sociale. Per rispondere al bisogno di socializzazione e ritualità, esso promuove dunque interventi di Drammaturgia di Comunità e Drammaturgia della Festa, e adopera anche tecniche di Animazione Sociale.
Seguendo tale modello prende forma, nella seconda Biennale di Teatro Sociale, la programmazione dei workshop.
Il corpo narrante
Workshop di Drammaterapia a cura di Mariella Vero (Ragusa)
La sessione unica di lavoro sarà condotta secondo il modello EPR di Sue Jennings su un tema di attualità.
I partecipanti sperimenteranno le tre fasi del modello (Embodiment, Projection, Role), attraversando i momenti di lavoro individuale, di coppia, di gruppo, a partire da un testo narrativo, attivando un processo che li porterà, a fine sessione, a una azione teatrale. Il modello prevede momenti di improvvisazione scenica.
Mariella Vero, operatrice di Teatro Sociale, teatrante, formatrice, insegnante di Scuola Primaria, Siciliana (Ragusa).
Incontra il teatro a Bologna agli inizi degli anni ’80; sono quelli del Terzo Teatro e del Teatro di ricerca, e di questa realtà fa esperienza in una compagnia bolognese, avendo modo di sperimentarsi anche come animatrice teatrale.
Negli anni ’90 opera nel territorio ragusano, conducendo laboratori di animazione teatrale ed espressivi in molte scuole di ogni ordine e grado.
La sua ricerca individuale la porta, a partire dal 2005, a (ri)conoscere il Teatro Sociale come universo di metodi e strumenti a lei congeniali; ha l’opportunità di formarsi, tra gli altri, in Metodi e tecniche di Drammaterapia (Sue Jennings, Salvo Pitruzzella), Teatro dell’Oppresso (Claudio Bernardi, Guglielmo Schininà), Conduzione di gruppi (Giulia Innocenti Malini), Drammaturgia di gruppo e teatro di Comunità (Alessandra Rossi Ghiglione).
Ha condotto, negli anni, svariati laboratori formativi per insegnanti, operatori sociali.
Ha condotto svariati laboratori di Teatro Sociale con studenti, adulti, gruppi spontanei, su temi di emergenza sociale e di comunità. Conduce la sua attuale ricerca nella commistione di linguaggi diversi.
Si raccomanda abbigliamento comodo e calzettoni (si lavorerà senza scarpe).
Venerdì 27 dicembre 2019 dalle h. 9.30 alle h. 12.30 – Teatro Coppola via del Vecchio Bastione, 9
Quota di partecipazione popolare di 7 euro. Necessaria la prenotazione, clicca qui
Incontri
Workshop di Danzaterapia metodo Maria Fux a cura di Giusi Nicolosi, dell’associazione MusicArtEmozioni (Catania).
La danza è possibilità espressiva naturale nell’essere umano.
“La danza è la vita. Noi non danziamo per essere ammirati, danziamo per essere noi stessi”, scrive Maria Fux, danzatrice e coreografa argentina, oggi ultranovantenne. Nel metodo da lei creato la danza si fa strumento per risvegliare la spontaneità, la creatività, la comunicazione. Canale espressivo attraverso cui dire di sé al mondo ed incontrarlo.
Non più tecnica da imparare, la danza è strumento per esseree creare. È esperienza che produce cambiamento dall’interno verso l’integrazione globale della persona, che apre un cammino di scoperta e porta a risvegliare il corpo e ad abitarlo, nel movimento autentico di ognuno.
È “terapia” cioè cura e ben-essere.
Il metodo si rivolge a tutti, bambini, adolescenti, adulti, con disabilità – sensoriali, fisiche, psichiche – e senza, perché contatta e sostiene la parte sana di ognuno.
Il conduttore accompagna il gruppo dentro il tema scelto per l’incontro, attraverso la musica proposta, le proprie parole ed il proprio movimento, divenendo un ponte verso l’altro. Quanto proposto durante l’incontro, in genere percepito dai partecipanti come fluido, consequenziale, semplice, è un percorso strutturato che, con la gradualità caratteristica del metodo, porta la persona ad incontrare se stessa in modo nuovo attraverso il sentirsi nel movimento ed il piacere che ne consegue, ad ampliare la propria consapevolezza e possibilità espressiva. Diviene possibile così anche incontrare il compagno in modo più umano, come specchio di sé stessi e al contempo diverso da sé, e diventare gruppo in cui l’individualità è rispettata, e rispetta.
E ancora diviene possibile incontrare e conoscere lo spazio, individuale e condiviso, trasformandolo da spazio visto in spazio sentito ed abitato. Caratteristiche del metodo sono il linguaggio immaginativo e poetico e l’utilizzo di materiali quali stoffe, elastici, giornali, e molti altri.
L’approccio artistico proprio del metodo, consente inoltre di realizzare momenti performativi con i partecipanti, attraverso cui il gruppo si apre alla comunicazione verso l’esterno, arricchendo così l’esperienza laboratoriale di una qualità diversa e significativa.
Giusi Nicolosi, danzaterapeuta, doula e performer. Fa parte del gruppo MAE – MusicArtEmozioni di Catania.
Laureata in lettere, parte dal cinema, dal giornalismo e dal teatro tradizionale per approdare all’arte come terapia spinta dal bisogno di ritrovare nelle arti il loro senso più antico e vero: permettere all’essere umano di esprimere le emozioni, tutte, di incontrare e celebrare se stesso, la vita, l’Universo. E la bellezza.
Sperimenta così diverse tecniche ed approcci, tra cui Drammaterapia, TdO, Musicoterapia, Danza contact.
Nel 2007 l’incontro folgorante con la danzaterapia di Maria Fux, in un momento difficile del suo percorso esistenziale. Divenendo consapevole che questo è il metodo che le risuona più fortemente dentro, inizia un cammino di guarigione e crescita personale, che è poi divenuto formazione professionale presso la scuola di Alessandra Messina a Catania e di Barbara Turchi in Toscana. Ha avuto l’onore di incontrare la stessa Maria Fux e di danzare con Mari Josè Vexenat, Pio Campo ed altri maestri del metodo Fux.
Nel 2010 la maternità le schiude un universo nuovo e primordiale. Inizia la formazione per stare accanto alle donne nella gravidanza, nel parto e nel post-parto, che la porta a diventare doula ed operatrice FID-ON (Formazione italiana danzaterapia operatori nascita). La danzaterapia Maria Fux e l’accompagnamento alle madri si intrecciano nei percorsi che propone alle donne in gravidanza dal 2012.
Dopo l’esperienza potente della nascita del secondo bambino, in casa per scelta e non assistito, torna al lavoro con la danzaterapia e la gravidanza con energia ed entusiasmo rinnovati, per celebrare la vita, a cui è grata e che è movimento e trasformazione continua.
Si danza con abbigliamento comodo e calzettoni (si lavorerà senza scarpe) – Non è necessario avere esperienza di danza.
Venerdì 27 dicembre 2019 dalle h. 15.00 alle h. 17.00 – Teatro Coppola via del Vecchio Bastione, 9
Quota di partecipazione popolare di 7 euro. Necessaria la prenotazione, clicca qui
Relazione di Cura, Cura nella Relazione
Workshop di Comicoterapia a cura di Fabio Ferrito e Enrica Frasca Caccia dell’Associazione di Comicoterapia Ci Ridiamo Sù (Ragusa).
I clown negli ospedali sembrano stridere con il concetto di serietà della condizione del dolore… È proprio così?
La Gelotologia, (dal greco ghelos, risata) o Comicoterapia è la disciplina che studia la relazione tra il fenomeno del ridere, delle emozioni positive e la salute psicofisica della persona. Questa nuova modalità di prevenzione e terapia, prendendo le mosse dai più recenti studi di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI) e delle Nuove Scienze, tende a ricercare e sperimentare modalità relazionali che, coinvolgendo positivamente l’emotivo della persona, attraverso complessi meccanismi neuro-endocrini, ne migliorino l’equilibrio immunitario da un lato, e le abilità psico-relazionali dall’altro.
Gli operatori che intervengono nei contesti del disagio sociosanitario come Gelotologi e Clown dottori, ricevono una formazione che poggia su una metodologia olistica originale e si rivolgono a tutti gli aspetti dell’essere umano, il corpo, le emozioni, il pensiero, lo spirito e le relazioni.
Nell’ambito di una comunità, come ad esempio un ospedale o un servizio territoriale, l’approccio gelotologico fornisce al personale sociosanitario l’equilibrio necessario per sostenere lo stress del lavoro, strumenti relazionali basati sulle emozioni positive nel rapporto con gli utenti, e utili per una comunicazione/interazione sana fra colleghi.
È possibile così conseguire l’obiettivo di migliorare l’efficienza complessiva della comunità ed umanizzare la struttura.
Da alcuni anni, nella letteratura scientifica riguardante l’assistenza socio-sanitaria, ma anche in quella relativa al rapporto tra le persone, si parla dell’importanza di operare il passaggio dal curare al prendersi cura. Ma a che cosa ci si riferisce quando si parla di curare e di prendersi cura? La parola cura si riferisce alla rimozione della causa di una difficoltà o di una malattia, attraverso tutti quegli interventi finalizzati alla risoluzione, laddove possibile, del disagio. L’espressione prendersi cura, invece, esprime il coinvolgimento personale dell’operatore socio-sanitario-culturale con la persona che soffre, coinvolgimento che si esprime attraverso la compassione, ovvero “patire con”, la premura, l’incoraggiamento e il sostegno emotivo. In questi ultimi tempi, si assiste all’emergere dell’esigenza di integrare i due aspetti dell’assistenza, il curare e il prendersi cura.
Metodologie didattiche: Lavoro esperienziale di gruppo con metodologie attive, percettive e motorie: agisci/comunica/condividi. Con tecniche di comicoterapia, ludopedagogia e di teatro sociale.
L’associazione Ci Ridiamo Sù svolge dal 2007 la propria attività di ricerca e divulgazione della Comicoterapia nella provincia iblea e non solo. Lo fa mediante la figura del Clown Dottore e del Volontario del Sorriso negli ospedali – in Pediatria al Giovanni Paolo II e al DH Oncologico del MP Arezzo di Ragusa – nei centri di ricovero e cura con gli anziani e i diversabili, nelle scuole, con gruppi e comunità, in missioni umanitarie e in tutte le situazioni di disagio socio-sanitario, al fine di alleviare il disagio della malattia e della solitudine con la potenza terapeutica della risata e del buon umore.
Ci Ridiamo Sù è membro della Federazione Internazionale !Ridere per Vivere! (www.riderepervivere.org) e dell’Istituto di Ricerca, Documentazione e Formazione su Gelotologia e Nuove Scienze “Homo Ridens” (www.homoridens.net), punti di riferimento nazionali sull’importanza del ridere e delle sue applicazioni teoriche e pratiche; aderisce alla Scuola Europea di Alta Formazione per Clown Dottori e Gelotologi “Norman Cousins” con sede ad Orvieto alla Terra del Sorriso (www.laterradelsorriso.org). La Scuola rappresenta la punta di eccellenza della formazione in Gelotologia secondo uno dei metodi formativi più accreditati del panorama italiano ed europeo. La sua formazione è riconosciuta dal MIUR.
Fabio Ferrito, clown dottore professionista formatasi presso la Scuola Europea di Alta Formazione per clown dottori e gelotologi “Norman Cousins” di Orvieto, operatore di Teatro sociale formatosi presso la Scuola di Alta Formazione “I Vulcanici” di Acireale, facilitatore di interventi ludopedagogia e formatore. Co-fondatore dell’associazione Ci Ridiamo Sù, opera dal 2007 come clown dottore in ambito sanitario e realizza progetti e interventi in ambito sociale e di comunità. Ha partecipato a missioni in condizione di calamità naturali in Italia. Dal 2017 opera presso il DH Oncologico del MP Arezzo di Ragusa.
Enrica Frasca Caccia, clown dottore professionista formatasi presso la Scuola Europea di Alta Formazione per clown dottori e gelotologi “Norman Cousins” di Orvieto, facilitatrice di interventi ludopedagogia e formatrice. Ha svolto dal 2015 al 2018 il ruolo di educatrice in cantieri educativi presso la Fondazione di comunità Val di Noto e Caritas Diocesiana di Noto. Membro dell’associazione Ci Ridiamo Sù, opera dal 2011 come clown dottore in ambito sanitario e realizza progetti e interventi in ambito sociale e di comunità. Dal 2017 opera presso il DH Oncologico del MP Arezzo di Ragusa.
Si raccomanda abbigliamento comodo e calzettoni (si lavorerà senza scarpe).
Sabato 28 dicembre 2019 dalle h. 9.30 alle h. 12.30 – Teatro Coppola via del Vecchio Bastione, 9
Quota di partecipazione popolare di 7 euro. Necessaria la prenotazione, clicca qui
Danza in Con-Tatto
Workshop di danza e contatto corporeo a cura di Margherita Badalà dell’associazione Danza E-mozione (Catania).
Un percorso che apre i danzatori ad una comunicazione sensibile e profonda, ad uno scambio energetico di emozioni, alla conoscenza intuitiva immediata dell’Altro da me. La danzaterapia e le danze tradizionali, andando a rivolgersi alla saggezza della danza, ci consentono di capire che questa modalità ha a che fare con una con-fidenza che occorre conquistare attraverso la qualità del rapporto, prima di tutto con noi stessi e poi con l’altro. Nel modo di contattare direttamente il corpo dell’altro attraverso la danza, scopro di me, mi manifesto, e al tempo stesso entro in una dimensione simbolica. Qui non c’è né performance, né velocità, né acrobazie, ma autenticità, lentezza e delicatezza, attitudini meravigliose che ci permettono di danzare con il calore dell’anima e con gentilezza, dall’effetto riequilibrante ed energizzante.
Margherita Badalà, siciliana, nata ad Acireale (provincia di Catania) nel 1965, Danzatrice, Insegnante del Metodo Feldenkrais, Danzaterapeuta e Ricercatrice di Danze Tradizionali del sud Italia.
Vive a Catania (Sicilia, Italia), dove svolge la sua attività professionale con l’associazione culturale “Danza E-mozione”, dove conduce lezioni settimanali, workshop e sessioni individuali di Dance e-motion, Danzateatro, Danze Tradizionali del sud Italia e del Metodo Feldenkrais. Diplomata nel 1991 come Dancetherapist e conduttrice di Gruppi di Espressione Corporea presso la Scuola Quadriennale di Riza Psicosomatica di Milano. Diplomata nel 1992 come Insegnante del Metodo Feldenkrais alla I Scuola di Formazione italiana quadriennale per Insegnanti del Metodo Feldenkrais di Milano con Ruthy Alon. Nel 1990 inizia la Formazione Permanente in Danza Spontanea con l’Associazione “Danza y Vida” a Udine con la dott.ssa Elsa Stagnaro, con la quale compie un percorso di Danza Terapia individuale e di gruppo. Ha studiato il Metodo Laban con Art Therapy Italiana ad Assisi e Bologna. Ha partecipato e organizzato diversi seminari di Danza Butoh con Sayoko Onishi, di Danzateatro con Thomas Kampe e con Anna Perrotta.
Ha lavorato come Performer Danzatrice e Coreografa di Dancetheatre con vari gruppi musicali, teatrali e scolastici e come docente in diversi corsi di Formazione Professionale e Aggiornamento presso gli Istituti comprensivi e Istituti della Salute con la Danzaterapia e il Metodo Feldenkrais e presso le Associazioni Culturali in Italia e all’estero. Dal 2017 danza come performer nella Compagnia “Danzastorie” di Anna Perrotta a Napoli.
Nel 2000 ha iniziato una ricerca sui principi terapeutici e rituali dei Balli Tradizionali, non folkloristici, del Sud Italia con i maestri della danza tradizionale di Calabria, Puglia e Campania. È stata Direttrice della Scuola triennale per la Formazione in Danza Tradizionale dal sud Italia a Catania. Nel 2002 ha iniziato una ricerca sul campo sul ballo tradizionale in Sicilia in particolare nell’area dei Peloritani, dove ha fatto uno studio approfondito sul “Ballettu” che ha iniziato a diffondere organizzando lezioni, stages, fest’i ballu rituali, e conferenze. Ha scritto e pubblicato nel 2009 il libro “U Ballettu, Ricordi e riflessioni sulla danza agropastorale tradizionale in Sicilia” con la partecipazione di Fabio Tricomi, con dvd-documentario allegato, realizzato con Marcello Trovato, intitolato “Mi ricordo di te…Ballettu!” Ed. Cavallotto, ripubblicato nel 2019 con le ricerche degli ultimi 10 anni. È Direttore Artistico e Insegnante del Summer Meeting del Ballettu siciliano, chiamato “Festina Lente” in Sicilia, a Fiumefreddo di Sicilia (Ct), dove è possibile incontrare e studiare con musicisti e danzatori tradizionali siciliani. Nel 2004, ha creato la Compagnia DANZATARANTA: canti e danze tradizionali del Sud Italia, rituali e feste tradizionali, chiamati in dialetto “Fest’I ballu” e spettacoli dal titolo Marganto e U Sonu.
Si raccomanda abbigliamento comodo e caldo. Si lavorerà senza scarpe.
Sabato 28 dicembre 2019 dalle h. 15.00 alle h. 17.00 – Teatro Coppola via del Vecchio Bastione, 9
Quota di partecipazione popolare di 7 euro. Necessaria la prenotazione, clicca qui
Le cicatrici della città
Workshop di Drammaturgia di comunità a cura di Mariagiovanna Italia e Luisa Sannella dell’associazione Officina SocialMeccanica (Catania).
La Drammaturgia di Comunità è una modalità attraverso la quale il Teatro Sociale interviene nel più ampio contesto comunitario. Le comunità, come gli individui e i gruppi, hanno bisogno di narrazione, in caso contrario non avrebbero né storia né identità. La drammaturgia di comunità si pone l’obiettivo di lavorare sui narrativi collettivi, facendo esperienza della pluralità come risorsa creativa e sociale. La produzione scenica generata da un processo drammaturgico di comunità usa tanti linguaggi, soprattutto la narrazione: i soggetti coinvolti nel processo teatrale sono allo stesso tempo gli autori delle forme e dei contenuti artistici e danno voce alla comunità. Durante il laboratorio verranno introdotte alcune categorie utili a costruire un percorso di drammaturgia di comunità e verranno sperimentate alcune attività teatrali e drammaturgiche intorno al tema della sofferenza urbana.
Officina SocialMeccanica opera per creare, attraverso la metodologia del Teatro Sociale, azioni socio-culturali che sostengano la costruzione di relazioni umane e la valorizzazione delle risorse creative di individui, gruppi e comunità, (con le istituzioni e le realtà territoriali di piccola scala, come scuole, ospedali, carceri, quartieri), che in tal modo siano facilitati nell’incontrare i loro bisogni, e nel migliorare e superare situazioni di malessere. L’associazione è composta da tre operatrici di Teatro Sociale: Mariagiovanna Italia, Luisa Sannella e Maria Chiara Salemi, le quali provengono da formazione di base diversa, ovvero letteratura, sociologia e scenografia, un insieme di conoscenze e attitudini che riversano nel comune operare con il Teatro Sociale, ‘arsenale’ di metodologie e tecniche teatrali su cui si sono formate attraverso corsi di alta formazione in Teatro Sociale e Teatro dell’Oppresso, seminari e workshop formativi di regia teatrale, lavoro sull’attore, lavoro sul corpo e sulla voce, drammaturgia di comunità, gestione dei gruppi e ricerca-intervento in ambito psico-sociale. L’obiettivo dell’associazione è sviluppare la qualità delle azioni e delle relazioni sociali per mezzo della teatralità e di strumenti creativi ed est-etici. A tal fine, Officina SocialMeccanica si occupa di progettazione, conduzione, creazione performativa e valutazione di interventi di Teatro Sociale, in Italia e anche all’estero, in situazioni problematiche o come prevenzione del disagio. Realizza laboratori, performance, azioni teatrali partecipate, animazioni, eventi rituali e festivi che abbiano l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini o fasce specifiche di popolazione ai temi sociali, educativi e politici. Organizza e gestisce corsi di formazione relativamente alla metodologia del Teatro Sociale, ai suoi strumenti tecnici, e alle aree culturali connesse. Lavora con diversi gruppi e in diversi contesti, come associazioni, circoli politici, centri di aggregazione, scuole, carceri, e quartieri, e su varie tematiche, come la maternità e la genitorialità, l’adultità, il disagio giovanile e la dispersione scolastica, l’inclusione sociale e interculturale, la diversa abilità, la cittadinanza attiva e l’educazione alla legalità democratica, l’identità e le relazioni di genere, la rigenerazione urbana.
Si raccomanda abbigliamento comodo e calzettoni (si lavorerà senza scarpe)
Domenica 29 dicembre 2019 dalle h. 9.30 alle h. 12.30 – Teatro Coppola via del Vecchio Bastione, 9
Quota di partecipazione popolare di 7 euro. Necessaria la prenotazione, clicca qui
Lavoro corporeo e Maschere sociali
Workshop di introduzione alTeatro dell’Oppresso a cura di Punteruolo (Catania).
“Teatro non è solo un evento- è la vita! Attori siamo tutti noi. E cittadini sono coloro che non si accontentano di vivere in società, ma la trasformano.” A. Boal
Il Teatro dell’Oppresso è un metodo teatrale creato da Augusto Boal negli anni ’60, prima in Brasile e poi in Europa, che usa il teatro come mezzo di conoscenza e come linguaggio, come mezzo di trasformazione della realtà interiore, relazionale e sociale. È un teatro che rende attivo il pubblico e serve ai gruppi di “spett-attori” per esplorare, mettere in scena, analizzare e trasformare la realtà che essi stessi vivono “restituendo al popolo i mezzi di produzione teatrale”.
Il laboratorio proporrà una piccola panoramica teorico-pratica sui fondamenti e sugli obiettivi di questo metodo teatrale, offrendo ai partecipanti la possibilità di assaggiare alcune delle tecniche e degli esercizi del metodo.
In particolare il laboratorio si concentrerà sull’importanza della ri-armonizzazione della globalità dell’essere umano (mente-corpo) proponendo una riflessione graduale, partendo dall’idea che ogni movimento corporeo è un pensiero e che ogni pensiero si esprime corporalmente.
L’obbiettivo del laboratorio è quello di realizzare una riflessione individuale e collettiva attraverso i propri corpi e la relazione tra essi. Dal lavoro di de-meccanizzazione del corpo attraverso una serie di “giochesercizi” arriveremo ad un lavoro esplorativo sulle “maschere sociali”. Lavoreremo quindi sullo scioglimento delle rigidità corporee e sulla de-specializzazione dei propri sensi per poter proseguire con una riflessione su come gli stereotipi, le regole, e i rituali sociali ci obbligano a costruire inconsciamente “maschere sociali” che esteriorizziamo attraverso il nostro corpo e il nostro agire individuale e collettivo.
Punteruolo è un gruppo di Teatro Dell’Oppresso, nato nel 2013, dopo un anno di formazione comune. Siamo tuttora in formazione permanente e sentiamo l’urgenza di continuare a sperimentarci e a sperimentare le tecniche di TdO sul territorio in cui viviamo.
Punteruolo, traendo fondamento dalle teorie dei brasiliani Freire e Boal, si propone di svolgere un’azione politica attraverso un atto performativo che non è conclusione di un processo, ma piuttosto la sua apertura, in quanto continua ad agire per creare una nuova consapevolezza del vissuto personale e collettivo.
Inseguendo tale scopo di conscentizzazione, Punteruolo ha partecipato al festival di TdO di Napoli nel 2014 con una performance sull’immigrazione e sul C.A.R.A di Mineo dal titolo C.A.R.A ti amo; ha condotto incontri intensivi di formazione sul metodo del TdO, In Italia e all’estero, in collaborazione con associazioni, collettivi politici e realtà attive nei vari territori (Campo Antimafia 2014, Campo di Antimafia 2015); ha partecipato alla Biennale di Teatro Sociale a Catania e al TdO Milano festival nel 2017 con un Forum incentrato sul tema del lavoro precario dal titolo Lavori in corso; ha partecipato agli incontri Nazionali della Rete Freire-Boal dal 2013 ad oggi; ha collaborato a livello locale con realtà attive sul territorio per indagare e riflettere su temi attuali quali: il lavoro e lo sfruttamento; le questioni di genere; le dinamiche politiche locali in periodo elettorale; il debito pubblico italiano.
Si raccomanda abbigliamento comodo e calzettoni (si lavorerà senza scarpe)
Domenica 29 dicembre 2019 dalle h. 14.30 alle h. 17.30 – Teatro Coppola via del Vecchio Bastione, 9
Quota di partecipazione popolare di 7 euro. Necessaria la prenotazione, clicca qui
Promozioni: per chi fa un workshop la serata è a 5 euro.